Le comari del Monferrato
- Scritto da Laura Avidano
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Prendete la bici e approfittate di una bella giornata di sole: le colline del Monferrato vi regaleranno splendidi panorami, ricchi di una vegetazione più che mai variopinta: dai vigneti di Ruché ai girasoli, dai noccioleti ai frutteti, i vostri occhi saranno continuamente rapiti dai colori di questa magnifica terra.
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Il consiglio è quello di caricare la bici in auto e raggiungere Portacomaro, dove potrete lasciare la vettura in piazza Marconi. Accertatevi però che non sia in programma una partita di tamburello a muro, in piemontese tambass. Variante della pallapugno, il tambass è assai popolare nelle provincie di Asti e Alessandria, dove viene praticato nelle piazze dei paesi, sotto i bastioni, o negli sferisteri. La particolarità di questa variante del tamburello classico è che la palla può essere scagliata contro il muro di appoggio laterale per cercare effetti a cui gli avversari non siano in grado di rispondere.
A Portacomaro, dove il tambass è sport assai seguito e praticato, la leggera curvatura del muro del Ricetto medioevale sul quale si disputano le gare ha reso il campo celebre nella storia del tamburello. Le squadre ospiti temono questo campo di gioco, perché i padroni di casa sanno sfruttare a proprio vantaggio ogni sua irregolarità e spigolo. Non trascurate il cartello stradale “Bergoglio” e “Bricco Marmorito”, luogo di origine della famiglia del Cardinale Bergoglio, Papa Francesco.
Inforcate ora la bici: la direzione da prendere è quella per Scurzolengo, lungo un percorso ricco di vigneti di grignolino. Svoltando verso Castagnole Monferrato affronterete il saliscendi, bello ma impegnativo, del Bricco Gioia. Al termine della discesa, dirigetevi verso Asti e sgambate per qualche chilometro in pianura fino alla frazione Valenzani dove, svoltando a sinistra, imboccherete la strada per Refrancore. Qui ci sarà un’altra salita ad attendervi: godetevela osservando i frutteti della Cascina La Gioia, presso la quale vi consigliamo una sosta. Secondo la stagione, potrete fare una scorpacciata di mele, albicocche o pere biologiche: i più stanchi potranno anche riposare in una delle tre stanze adibite a Bed&Breakfast.
La discesa che vi porterà al centro di Refrancore sarà ristoratrice. Questo piccolo paese del Monferrato pare derivi il proprio nome dall’espressione Rivus Francorum, cioè “fiume dei Franchi”: l’attuale rio Gaminella dove nel 663 si svolse una tremenda battaglia tra Franchi e Longobardi. Secondo lo storico altomedievale Paolo Diacono, i transalpini ebbero la peggio, tanto che che il rivus divenne rosso ex sanguine Francorum, del loro sangue. Prendendo la via principale del paese, è d’obbligo una tappa alla Pasticceria Fratelli Grossetti, dove troverete i rinomati finocchini, biscotti all’uovo a forma di parallelepipedo di colore bruno, con semi di finocchio, miele e anice. Molto friabili, nutrienti e di facile digestione, è usanza regalarli ai convalescenti. Si possono mangiare con lo zabaione o accompagnarli al Moscato d’Asti.
Uscendo dal paese, prendete sulla destra la ripida e faticosa salita verso Santo Stefano, sarete risarciti dal suggestivo panorama che si dipana lungo la strada che porta a Montemagno. Qui si può optare per una piccola sosta alla Chiesa romanica dei SS. Vittore e Corona dietro il cimitero, con alcune panchine, un’area verde e una fontana: di fronte a voi si erge lo splendido Castello di Montemagno, di origine altomedievale. Continuando verso Castagnole Monferrato attraverserete una distesa di vigneti di Ruchè, vitigno tra i più rari del Piemonte, che dà origine all’omonimo vino prodotto in quantità limitate.
All’incrocio con la farmacia svoltate a destra verso Calliano e seguite la strada che torna a Portacomaro. La fatica è stata parecchia, ma vi siete guadagnati la cena alla Locanda dell’Antico Ricetto, tipica cucina monferrina abbinata a piatti di pesce.
Il ristorante prende il nome dal Ricetto medioevale del paese, un raggruppamento di case cinte da mura munite di torri in cui si raccoglievano gli abitanti della campagna in caso di pericolo. L’accesso avveniva da una porta ad arco, posta alla cima di una ripida rampa, chiamata “Ponte”, che conduceva dalla piazza inferiore (oggi piazza Marconi) a quella superiore (piazza Pinin Roggiero). Per accedere all’interno bisognava superare una spessa porta che la leggenda indica come punto di ritrovo delle donne dopo la recita dei vespri. Di qui il nome di “Porta delle comari”, contratto in “Portacomaro”, sostantivo che sarebbe poi stato assunto a toponimo del paese.
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