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Nero d'avola sul treno - conclusione

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Napa Valley Train Napa Valley Train

Di come una coppia di vini e tre coppie di persone s'incontrarono sul treno che mi portava a casa e dell'inaspettato evento che si verifica


Sapete quando siete irrequieti e non riuscite a stare concentrati su quello che state facendo, quando vorreste alzarvi di scatto e correre fino a scoppiare oppure andare da una persona a cui volete bene e abbracciarla forte?

Avete mai provato la frenesia sottile della primavera, quando avete un formicolio nella pelle e l’umore cambia velocemente? (se per voi la stagione è un’altra va bene ugualmente, la sensazione è quella)

Ecco, per me il Gavi è così: fresco e lieve, mobile e fiorito. La signorina allegra che balla a una festa, un momento leggero di contentezza: sarà che la prima volta che l’ho incontrato mi sentivo così, la sensazione rimane indelebile tutte le volte he lo assaporo: come i profumi lontani che accendono i ricordi.

Invece il Nero d’Avola è completamente diverso: musicale nel gusto e nel nome, forte e carnoso, rosso e molto intenso. Una specie di Laurence d’Arabia siciliano in bottiglia, se mi permettete il paragone.

E mi piaceva averli insieme con me sul treno: li ho scelti come regalo di Natale per i miei e per me era una specie di simbolo all’amore eterno (mamma e papà sono una specie di personificazione dell’amore, anche se sono meno diversi di quei due). Perché non c’entrano nulla e per questo van bene assieme: anche lì me li guardavo, e insomma giallo paglierino e rosso rubino accanto stavano una bellezza.

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Dicevo l’altra volta che attorno a me c’era un piccolo spaccato di varie coppie (se te la sei persa, leggi la puntata precedente): tre per la precisione, e molto diverse fra loro.

Coglievo i loro frammenti di vita e m’immaginavo il resto: la prima coppia nascondeva una certa tristezza, lei aveva nella voce un misto di odio rimpianto e tenerezza (le persone non sono meno complesse del vino e forse devono ancora arrivare i sommelier giusti che ci sappiano descrivere tutti nei nostri complessi bouquet).

Poi c’era la seconda coppia, una di quelle che va a Cortina: parlavano delle sorelle di lei, numerose e chiacchierone, stavano andando a trovarle per Natale.

Infine la mia preferita, una coppia tranquilla e quasi invisibile, parlavano dei fatti loro con pacatezza e affetto: anche loro stavano andando dalle parti di Milano per Natale, a trovare un nipote cuoco che era stato a Howth. Non so se lo conoscete, ma è un porticciolo fuori Dublino. Io sono stata a Howth e ricordo bene il pesce perfetto che ho mangiato e la luce stranissima che c’era.

E allora ho preso coraggio, ho interrotto il loro chiacchiericcio e ho detto “Scusate se m’intrometto, ma ho qui una bottiglia che mi han dato, se non vi dispiace ve la regalerei. Per vostro nipote.” (perché anch’io sono stata a Howth, ma questo l’ho tenuto per me).

Ora, quando facciamo regali inaspettati c’è sempre un angolo di noi col fiato sospeso che teme il rifiuto... “Grazie signorina è sicura davvero? Molto gentile, sarà il Natale”.

A mamma e papà ho portato quell’altra: alla coppia triste ho regalato un sorriso, il più bello che mi riuscisse. E visto che non li faccio così spesso, anche quello fu un bel regalo.

Fine

Ultima modifica: Martedì, 04 Marzo 2014 17:44
Elisa Vimercati

"Dalla Brianza con furore". nasce ad Albiate e ha una gemella. Trapiantata in territorio biellese dal 2012 si è innamorata del Piemonte. Editor e web writer per un editore milanese dal 2010, nell'ultimo anno ha fatto una totale immersione nel copywriting, nel web e nel social media marketing: cosa nascerà dal mix? "Tante belle cose", dice lei. Chiedetele di scrivere e ne sarà felice. Ama il cibo, le chiacchiere e il buon vino: il suo preferito è l'Erbaluce di Caluso (ehssì).

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