5 passi tra Arte e Moscato
- Scritto da Elisa Pesce
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Il Piemonte riunisce sui dolci pendii dell'Alta Langa Astigiana e del Basso Monferrato circa un terzo del patrimonio mondiale di un'uva tanto diffusa quanto apprezzata: il Moscato.
Il nome esatto di questo vitigno è Moscato Bianco, ma in Piemonte è conosciuto principalmente come Moscato d'Asti o Moscato di Canelli ed è utilizzato per la produzione di vini dolci, fermi o spumanti, e di passiti. Seguire le sue tracce in un viaggio alla scoperta dei luoghi in cui nascono vini apprezzati in tutto il mondo ci permette di scoprire molti aspetti di quest'uva dai profumi intensi e aromatici. Come filo conduttore, abbiamo scelto il legame tra Moscato e arte, che inizia in vigneto per giungere, infine, al momento della degustazione del vino, coronamento di un percorso fatto di passione e originalità.
1. L'Arte in vigna: i sorì dei mori
La prima opera d'arte del Moscato sono senza dubbio i suoi vigneti: una delle core zone del Monferrato insignite dall'UNESCO del titolo di patrimonio dell'umanità è la zona “Canelli e l'Asti Spumante”. Essa include i centri più importanti per la coltivazione del Moscato, Canelli, Santo Stefano Belbo e Calosso, tra i cui vigneti si possono scorgere i cosiddetti “Sorì”. Si tratta di porzioni di terreno vitato tra i 300 e i 400 metri di altitudine (ma si arriva a picchi di 600 metri) in forte pendenza e caratterizzate dalla presenza di terrazzamenti, indispensabili per consentirne la coltivazione. In ben 336 ettari la pendenza supera il 50% e questi vigneti si concentrano soprattutto nel comune di Santo Stefano Belbo (74 ettari). Per ammirarli, dovete percorrere la strada che collega questo paese a Castino. I Sorì sono una delle molte testimonianze italiane di viticoltura eroica, fatta di sacrificio, fatica e amore per la terra. Qui uomo e natura diventano un tutt'uno e lavorano insieme per dare origine a vini genuini e qualitativamente superiori. Un'altra particolarità dei Sorì è l'ottima esposizione ai raggi solari, in base alla quale vengono distinti in Sorì della mattina, del pomeriggio e della sera.
2. L'Arte in cantina: i vini docli di produzione artigianale
La maggior parte del Moscato d'Asti è prodotto da cantine di piccole e medie dimensioni. I vini dolci rappresentano, purtroppo, una categoria “bistrattata”: relegati al momento del dessert, non sempre vengono presentati in modo adeguato in ristoranti ed enoteche. Restano così in secondo piano, privando il consumatore di un incontro spesso indimenticabile.
Ma come si produce un Moscato d'Asti? Uno dei grandi pregi della uve Moscato è la loro intensa componente aromatica. Le tecniche di vinificazione devono fare sì che queste sensazione siano presenti anche nel vino finito: le tecniche e i macchinari moderni prevedono una pressatura molto soffice, il mantenimento di temperature rigorosamente basse durante tutto il processo produttivo, per preservare la freschezza degli aromi, e una pulizia molto accurata del mosto e del vino, per renderlo limpido, ma anche per evitare che residui di lievito possano creare problemi: i vini dolci, infatti, sono tali perché la fermentazione alcolica viene arrestata quando nel vino è ancora presente una certa quantità di zucchero. Ci vuole attenzione e una cura particolare per ottenere un vino che rispecchi al meglio le uve da cui nasce e il territorio di cui è portabandiera. I piccoli produttori sono il motore del “mondo Moscato”, quello autentico, lontano dai grandi numeri e ricco di emozioni, tutte da bere.
3. L'Arte di far festa: l'Asti spumante
Moscato d'Asti. Foto da Leana~, Creative Commons
Voglia di festa, di vitalità? Le uve Moscato danno vita anche allo spumante dolce italiano più famoso al mondo: l'Asti. A metà del 1800, a Canelli, Carlo Gancia riuscì ad applicare il metodo di produzione degli Champagne alle dolci uve Moscato delle colline circostanti, e a fermare la fermentazione al momento giusto, per ottenere un vino ancora dolce, non troppo alcolico e fedele alle caratteristiche organolettiche del Moscato. Canelli divenne il centro spumantiero italiano per eccellenza e qualche decennio dopo l'astigiano Federico Martinotti a perfezionare il nuovo metodo di produzione di vini spumanti in autoclave (poi brevettato da un francese e oggi utilizzato per la quasi totalità degli spumanti dolci e la maggior parte dei brut). Da allora, il successo dell'Asti non si è fermato: in tutto il mondo le sue bollicine sono sinonimo di brio ed eleganza. L'ultima tendenza è l'Asti Hour, “drink entusiasmanti, leggeri e tutti naturali" a base di Asti Spumante e succo di frutta.
4. L'Arte grafica: il Moscato si fa bello
Anche per le aziende vitivinicole, uno dei primi veicoli pubblicitari fu il cartellone. E proprio in questo modo la storia dell'Asti e del Moscato ha conquistato i mercati del mondo intero. Molti li collezionano, sono il vanto dei musei delle varie maison della zona – e non solo, dato che si tratta di un mezzo pubblicitario trasversale e molto diffuso per buona parte del secolo scorso.
L'arte enoica incontra quindi l'arte grafica, nella promozione tramite i canali di comunicazione di massa ma anche in etichetta: nel cuore delle colline dell'Alta Langa astigiana potete visitare l'Azienda Agricola La Caudrina, le cui bottiglie sono delle vere e proprie opere d'arte, e non solo per il contenuto. Per la gamma dei vini fermi, i disegni in etichetta sono una riproduzione federe delle opere dell'artista Alessandro Lupano, che utilizzava materiali poveri, legati alla terra e al mondo contadino: pietre di fiume e di collina, coppi, mattonelle. L'Asti Spumante La Selvatica nasce invece dall'amicizia tra il fondatore dell'azienda, Romano Dogliotti, e un altro Romano, Levi. Produttore di grappe, disegnava lui stesso le etichette per le sue bottiglie, diventate celebri per il motivo della "donna selvatica". Il Moscato e l'Asti rappresentano il cuore pulsante della Caudrina, che conta oggi 25 ettari, di cui 20 coltivati a Moscato, e una produzione di 200 mila bottiglie, la metà di Moscato. L'azienda è a conduzione famigliare e visitandola potrete conoscere da vicino una delle tante piccole realtà che fanno del Moscato il re dei vini dolci piemontesi.
5. L'Arte in cucina: vino sì, ma non nel bicchiere
Mostarda con i formaggi. Foto da Mandy Jansen, Creative Commons
Se pensate che il vino sia solo un ottimo accompagnamento per i vari piatti, dovete ricredervi. Le migliori ricette ne includono sempre un bicchiere, dalle salse ai sughi, dal carpione ai ridotti. E non solo vini bianchi o rossi, ma anche i vini dolci possono essere un ottimo ingrediente per insaporire le nostre ricette. Se seguiamo il Moscato in cucina, ci stupirà per l'ennesima volta! Avete mai provato il petto d'anatra o di faraona caramellato al Moscato? O il risotto all'Asti? Per non parlare delle gelatine e delle mostarde in accompagnamento al plateau dei formaggi o degli immancabili dolci: gelato, zabaione, creme e macedonie. Se consideriamo invece gusti più internazionali, scopriamo che in molti Paesi il connubio dolce-salato è molto ricercato: in America, ad esempio, il Moscato viene consumato nei momenti più disparati, da solo, come aperitivo o durante tutto il pasto, e spesso compare in abbinamenti per noi un po' "estremi" come il bacon o il salmone.
Un vino, un'opera d'arte, frutto di colline che vi lasceranno senza fiato e della creatività di uomini che continuano a fare la storia dell'enologia italiana. I luoghi del Moscato vi accoglieranno con i loro profumi e i loro colori e vi accompagneranno in un viaggio all'insegna della natura e del gusto.
Elisa Pesce è traduttrice e wine writer - per lavoro e per passione, difficile distinguere le due cose. E' convinta che vino e traduzione abbiano molto in comune, a cominciare dall'aspetto comunicativo e relazionale. Vive a Torino ma è nata tra le colline del Monferrato e cogestisce il blog Uncorkventional. Potete entrare in contatto con lei anche tramite Facebook, Google+ e LinkedIn.