Mimetiche e tecnologiche, ecco le cantine integrate del Barolo
- Scritto da Gabriele Pieroni
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Sempre più tech, sempre più green, sempre più belle. Le cantine nelle Langhe si trasformano e, con il tempo, abbandonano il loro aspetto antico e severo per abbracciare forme nuove ed audaci, sempre e comunque nel rispetto del paesaggio circostante. Ecco che le nuove "case del vino", seguendo i tratti sinuosi delle colline, spezzano le linee geometriche delle antiche case padronali.
Anziché innalzarsi si interrano e, sovente, lasciano la magniloquenza dei grandi poderi ottocenteschi in favore di un atteggiamento camaleontico, pronto a confondersi e a farsi parte integrante dell'ambiente. Una precauzione quest'ultima, dettata non solo dalle nuove tendenze architettoniche, ma operata nella riguardo di un territorio che presto sarà tutelato dall'Unesco in qualità di patrimonio mondiale dell'Umanità.
Barolo e le sue colline ricche di storia, sono l'esempio migliore per capire la trasformazione delle cantine. Il re dei vini e il suo prezioso paesaggio hanno infatti spinto gli architetti a cercare nuove soluzioni: sia per quelle realtà che potevano costruire edifici a partire da zero, sia per quelli che, essendo già in possesso delle strutture produttive, hanno deciso di recuperare l'esistente. Fate un viaggio con noi alla scoperta delle cantine che hanno saputo integrarsi meglio con l'ambiente, scoprirete angoli del Barolo inaspettati e vi inoltrerete nel cuore architettonico di uno dei segreti enoici meglio custoditi al mondo.
Cascina Adelaide
Un fungo verde, un 'improvvisa voragine del terreno, un ufo schiantatosi nella collina e ricoperto di prato? Cos'è, esattamente, Cascina Adelaide? La più particolare ed eccentrica delle cantine di Barolo nasce all'ombra dei bastioni di terra che reggono il Castello dei Falletti e la chiesetta adiacente, lungo la strada chiamata Aie Sottane, che chiude la piana sotto Barolo. Ma più che l'ombra del castello è l'ombra della terra che conserva gelosamente questa futuristica cantina interrata a 5 metri di profondità e incassata nella collina, di cui imita così bene le forme da confondersi totalmente. Progettata da Archicura nel 2004, è forse il massimo esempio di mimesi architettonica con l'ambiente circostante. Una cantina silenziosa ed essenziale, completamente ricoperta dal manto erboso, da cui emergono, come squarci verso il cielo, strutture di acciaio e vetro.
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Cantina Terre da Vino
Sulla strada che conduce alla mitica collina dei Cannubi, appena incominciata la salita, la cantina dell'azienda Terre da Vino è una sosta obbligata. Il primo impatto è notevole, e si resta colpiti dai grandi e moderni edifici che sovrastano l'ingresso. Ma più si esplora questa cantina più si capisce come il dialogo con il territorio è stato una costante della progettazione. La cantina, disegnata dall'architetto Gianni Arnaudo, espandendosi verso la collina si fa più discreta, fino a scomparire ed essere sovrastata da un manto erboso che smaterializza i volumi. Gli interni sono spettacolari: una lunga passerella sospesa conduce il visitatore attraverso tutti gli edifici del complesso di Terre da Vino, mostrando al visitatore le varie fasi della lavorazione. Da brivido la camminata sopra la barricaia che, al suo completo, può ospitare più di tremila botti. Una curiosità? Durante l'autunno la facciata della palazzina che ospita gli uffici viene ricoperta di pannocchie, secondo l'usanza tradizionale di far essiccare la "meliga" appendendola alle pareti. «Questo tappeto di mais ha una funzione pratica ed una estetica – racconta Gianni Arnaudo. La prima crea una parete ventilata in modo naturale, formando un cuscino d'aria su cui agiscono i moti convettivi. La seconda, vivacizza la superficie esterna, che cambia aspetto seguendo la colorazione naturale del mais essiccato».
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Cantina Renato Ratti
Poco distante da Barolo, sulla strada che attraverso la frazione dell'Annunziata porta a La Morra, un'altra cantina merita di essere osservata. È quella di Renato Ratti, celebre barolista. Anche in questo caso la mimesi con il paesaggio è quasi perfetta. La cantina, osservata da lontano, continua la linea ideale del "terrazzamento" su cui poggia l'Abbazia dell'Annunziata, ricoprendosi di erba sulla parte superiore che viene modellata secondo l'andamento curvo e morbido delle colline. La cantina è scavata 22 metri sotto terra e solo una piccola parte emerge in superficie: «Volevamo una cantina non appariscente, discreta: un luogo da conoscere e scoprire più che un'insegna pubblicitaria – racconta l'architetto Marco Sitia, che l'ha progettata a partire dal 2001. Anche i volumi esterni e gli spigoli non urlano la loro presenza, ma sono rotti da elementi naturali come erba e rampicanti». La zona più alta della cantina è quella dell'area di degustazione: una stanza circolare le cui pareti sono sostituite da vetrate che aprono la vista su Castiglione Falletto.
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Cantina Cordero di Montezemolo
Sempre sotto La Morra, in frazione Annunziata, sulla collina di Monfalletto si possono osservare le cantine di Cordero di Montezemolo. Il complesso di edifici all'ombra del famoso Cedro del Libano – uno dei pochi esemplari osservabili in Langa – è stato edificato al centro della proprietà e la cantina è il fulcro di tutta la tenuta. La nuova cantina, costruita a partire dalle fine degli anni '70 e rimaneggiata fino a pochi anni fa, è una meravigliosa navata centrale a due piani con capriate di legno in vista. Sebbene dall'interno l'edifico appaia di grandi dimensioni, l'esterno è quasi inesistente: «Avremmo potuto costruire un capannone e invece siamo stati attenti al paesaggio» confessa Giovanni Cordero di Montezemolo. L'affaccio meridionale della cantina viene sommerso dalla collina e le vigne arrivano quasi a toccarne il tetto. È qui che, dopo gli ultimi lavori di ristrutturazione, i Cordero hanno aperto un dehor vetrato inondato dalla luce e dal verde fiammeggiante dell'intorno, reso ancora più brillante da grandi fiaccoloni in ferro battuto su cui si arrampica il gelsomino.
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Elvio Cogno
Tra Novello e Barolo, sulla cima di bricco Ravera, un ultimo esempio di integrazione paesaggistica va citato. Si tratta dell'azienda agricola Elvio Cogno, costruita a partire da un'antica casa padronale del Settecento e circondata da undici ettari di proprietà. La cantina di Elvio Cogno, che nel 2012 ha vinto il premio Unesco "La Fabbrica nel paesaggio", è un modello di recupero dell'esistente e innovazione nel rispetto filologico delle strutture antiche. Dopo i rifacimenti del dopoguerra che avevano stravolto l'aspetto del XVIII secolo, dalla fine degli anni '90 Nadia Cogno e Valter Fissore – seguendo il progetto di Ivana Boglietti - hanno operato un "restauro critico", ritrovando gli elementi dell'antico cascinale: il pavimento di cotto, le volte doppie che reggevano il granaio, l'intonaco giallo "piemontese" trovato su un vecchio tratto di muro e riutilizzato per l'intera copertura esterna. Anche la parte della cantina meridionale, di recente costruzione, non altera i volumi del complesso, anzi pare in perfetta sintonia con la parte antica tanto da non potersi distinguere. Un visita alle Cantine di Cogno non può prescindere da una discesa all'infernot: sotto la piscina che si affaccia sul crinale di Novello, è stato scavata un piccola grotta direttamente nel tufo: è il tempio dell'azienda, dove vengono gelosamente custodite le etichette più prestigiose.
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