È Tempo di Carnevale: maschere tradizionali, riti e feste del Piemonte
- Scritto da Diana Zahuranec
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Scoprite con Wine Pass le tradizioni carnascialesche del Piemonte, alcune delle maschere più popolari e i carnevali storici della Regione: quest’anno sarà più divertente travestirsi e lanciare stelle filanti
È arrivato il Carnevale! Bambini in costume, maschere tradizionali, carri, parate e coriandoli animeranno le strade di quasi tutte le città italiane in una festa che si lascia l’inverno alle spalle e pensa già alla primavera, anticipandone il tripudio di colori.
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1. Dov'è la festa? Un poco di storia
2. Paese che vai, tradizione che trovi
3. Chi è quello? Maschere tradizionali
4. Che la festa cominci! Le feste più emozionanti del Piemonte
Dov’è la festa? Un poco di storia
Il Carnevale, oggi, coincide con le grandi feste che si celebravano prima della Quaresima, periodo di sobrietà e digiuno prima della Pasqua cristiana. Le radici di questa tradizione, tuttavia, affondano nei Saturnalia Romani, festività di dicembre in onore di Saturno, dio dell’agricoltura e dei cicli vitali. In questo periodo, nella Roma antica, si assisteva ad una specie di inversione dei ruoli: i padroni diventavano schiavi e gli schiavi padroni, almeno per un giorno. Questa antichissima tradizione (celebrata in moltissime altre culture) era un momento di distensione sociale che aveva, tra gli altri, uno scopo catartico. Serviva cioè per sciogliere le tensioni tra le classi, controllando l'aggressività dei più sfortunati.
Ecco da dove nasce il desiderio di travestirsi e per un giorno – come dicevano i latini – «licet insanire», è lecito impazzire.
L’origine etimologica del termine è un piccolo mistero. Sembra possa derivare dal latino «carne vale», «addio alla carne», o forse da «carnem levare» o «carnelevarium», cioè «togliere la carne». Questo perché, in epoca medioevale, il periodo era collegato all’astinenza e al digiuno del periodo quaresimale, preceduto da una settimana di festeggiamenti (la settimana dei giorni "grassi").
Paese che vai, tradizione che trovi
In Piemonte, le tradizioni sono molteplici, alcune delle quali davvero particolari e oggi dimenticate. Solo per portare un esempio a Montà, Cisterna d’Asti, e San Damiano d’Asti si racconta dell’orso: un uomo coperto di miele e piume che, ben rifornito di vino, girava la città terrorizzando i bambini – forse retaggio dell’antica lotta tra l’uomo e la natura selvaggia.
Particolare era la giornata dei Magnin, che significa «stagnini», maschere originarie di Piasco. L’ultimo venerdì di Carnevale gruppi di giovani con le mani e il volto imbrattati di caligine (le Ceneri) si divertivano a sporcare chiunque incontrassero sul loro percorso. Una specie di dolcetto e scherzetto in “versione cattolica”. La leggenda vuole che il Re Carlo Emanuele III passando a Piasco ruppe una ruota della carrozza. I valorosi magnin della zona lo aiutarono e lui diede loro il “potere” sulla cittadina: ecco perché imbrattano chiunque non sia dalla loro parte.
A Dusino, i concittadini giocavano al «barbiere». Si recavano nella stalla e invece di prendere lo specchio prendevano un setaccio e si facevano la barba con un rasoio lungo di legno. Uno faceva il barbiere e l’altro il cliente. Facevano finta di parlare ma parlavano in modo strano e quelli che facevano il barbè si mettevano un velo sugli occhi per non farsi riconoscere.
A Montà, invece, alcuni giovani si raccoglievano sulla piazza tenendo fra le mani certi libracci sui quali avevano disegnato delle figure di porci alla rinfusa: una gran folla si raccoglieva per ascoltare e loro raccontavano tutti gli insuccessi amorosi del paese…l’annuncio alla collettività di fatti scandalosi provocava il riso e probabilmente anche l’imbarazzo dei soggetti citati.
La fine del Carnevale era dappertutto segnata dall’accensione del falò che, nella notte fra il martedì grasso e il mercoledì delle Ceneri, illuminavano le colline. In alcuni luoghi insieme al falò veniva bruciato un pupazzo rappresentante il Carnevale. Intorno al falò si cantava e si ballava, si raccontavano storie e ci si preparava al lungo periodo della Quaresima, al termine della quale tutti i lavori più pesanti della campagna sarebbero ricominciati.
Chi è quello? Maschere tradizionali
Con il passare dei secoli e lo stratificarsi delle leggende, i travestimenti carnascialeschi si sono specializzati e hanno assunto caratteri nazionali e regionali, qualche volta iperlocali, per evidenziare e stigmatizzare le caratteristiche di una popolazione o di una comunità. La commedia dell’Arte, infine, ha contribuito a “fissare” alcune maschere, donando loro caratteristiche e costumi standard, ovunque riconoscibili.
Ma conoscete le maschere tipiche del Piemonte?
Gianduja
La più celebre mascara piemontese è Gianduja, bonaccione e sempliciotto borghese sabaudo, amante del buon bere e del buon mangiare. Gianduja - nato per opera del burattinaio Gian Battista Sales nel 1798 - rappresenta l’anima galante e godereccia del piemontese, furba ma sempre incline al bene, fedelissimo alla compagna Giacometta. Il suo nome originario era «Gioan d'la douja», «Gian con il boccale», che fu presto abbreviato con Gianduja, la sua compagnia è Giacometta. Gianduia rappresenta la gioia e la festa per l'intero Piemonte.
Altre maschere locali
Ma in Piemonte non c’è solo Gianduja, le maschere locali sono moltissime e tutte, nei loro rispettivi contesti, appaiono accanto a carri e maschere più “celebri”.
A Biella, ad esempio, c’è il Babi, uomo dispettoso e impertinente che giunge in città ad insidiare le belle ragazze e per questo viene processato e messo al rogo. La sua storia affonda nelle rivalità tra Biella e Vercelli.
Proprio Vercelli sono celebri le maschere del coraggioso Bicciolano e la sua bella moglie Bela Majin: Bicciolano si ribellò contro i Francesi per le troppe tasse ai tempi della Rivoluzione.
A Cuneo ci sono Gironi e Girometta, considerati i genitori di Gianduja.
A Saluzzo Ciaferlin e la Castellana. Ciaferlin («Chiaffredo») rappresenta il contadino del saluzzese che dalle campagne arriva in città. Veste un grande ombrello e la “cavagna” la sua inseparabile cesta di paglia. La Castellana è invece il simbolo della “signoria saluzzese” regina delle sue contrade.
A Mondovì ci sono il Moro e la Bella Monregalesa. Il primo è il capo dei Saraceni durante l’invasione del X secolo in Piemonte, mentre la Bella rappresenta la bellezza locale d’un tempo la quale, aiutata, dal Moro corona il suo sogno d’amore con Pietro altro personaggio del Carlevè e assieme fondano sulle rive del fiume Ellero la città di Mondovì.
Tipici di Mango, borgo nel cuore delle colline del moscato, ci sono Stangon e Concetta: maschere che rispecchiano una situazione realmente accaduta intorno agli anni ’50 del secolo scorso, quando lo spopolamento di alcuni paesi costringeva i giovani a maritare donne del Sud, presentate attraverso il Bacialè (mediatore di matrimoni). ”Stangon” è il soprannome dei manghesi anche perché pare che ai tempi dei romani in detta zona si preparassero delle stanghe di legno da utilizzare in guerra.
A Borgosesia, per finire questa breve carrellata, c’è Pèru Magunella, paladino della città. “Pèrù” è lo strenue difensore della città di Borgosesia dai malvisti occupatori francesi e il Mercoledì delle Ceneri, chiamato il “Mercu Scur”, coincide con il giorno dei funerali del povero Pèru. La mesta cerimonia funebre è officiata da burloni, vestiti però in modo inappuntabile, in frac, papillon bianco e mestolo di legno intorno al collo, che è lo strumento per brindare al compianto defunto Pèru, in tutte le osterie disseminate lungo il percorso del Carnevale.
Che la festa cominci! Le feste più emozionanti del Piemonte
Il bello del Carnevale è la sua caratteristica collettiva: non ci sono palchi o transenne e tutti - più o meno - possono partecipare.
Carnevale di Ivrea: 6 Gennaio al 18 Febbraio 2015
Una volta anticamente \ Egli è certo che un Barone \ Ci trattava duramente \ Con la corda e col bastone.
Il Carnevale di Ivrea, istituzionalizzato nel 1808, è un carnevale Storico, uno dei pochi al mondo che ha dirette origini medioevali e da secoli si festeggia con regolarità. Si tratta di un carnevale tematico e allegorico: rappresenta infatti la storia della città nella lotta del popolo contro le varie dominazioni, mischiando le rivolte napoleoniche con quelle realmente accadute in epoca medioevale. Il simbolismo però, per qualche giorno si ferma e diventa lotta reale: è la celebre Battaglia delle Arance. Quattrocento tonnellate di agrumi vengono scagliate, lanciate e schiacciate in una grande “guerra senza tempo” tra popolo e tiranni. La tradizione vuole che un tempo le arance venissero tirate per gioco, quasi come tributo ai carri, per poi passare ad una pratica più movimentata.
I costumi delle sfilate evocano una leggenda di Ivrea. Violetta, figlia di un mugnaio, si ribella allo ius primae noctis voluto dal Barone della città: il diritto arcaico, cioè, di giacere con le spose la prima notte di nozze. Recatasi dal Barone, Violetta gli mozza la testa e il popolo, aizzato dal gesto, si ribella contro tutti i nobili.
Carnevale di Santhià: 12-17 Febbraio 2015
Il Carnevale di Santhià è il più antico della Regione e risale almeno al 1318, quando una sorta di associazione giovanile laica si occupava di organizzare balli e festeggiamenti carnascialeschi. Qui il Carnevale è una cosa assai seria: una settimana di festeggiamenti con sfilate, musica, costumi e la “Colossale Fagiuolata” del Lunedì Grasso, la più grande d’Italia, dove vengono serviti vino, fagioli e salame per 20 mila persone.
Durante il Carnevale oltre un quarto della popolazione locale è direttamente coinvolta nell’evento, lavorando dietro le quinte o vestendosi con elaborati costumi. La banda locale, una delle più antiche d’Italia, accompagna le sfilate assieme ai “pifferi”, musicisti vestiti con i mantelli rossi e dalle tradizionali monferrine.
Tra i riti dell'evento ci sono anche le “sveglie”. Si tratta di scherzi carnascialeschi in cui i pifferi suonano prestissimo la mattina, tirando giù dal letto i membri della Direzione del Carnevale… e anche molti cittadini di Santhià.
Un consiglio: per godere del Carnevale di Santhià basta recarsi in loco. Ogni giorno potrete imbattervi in sfilate, scherzi, mangiate e bevute senza soluzione di continuità. E ricordate di salutare Stevulin e Majutin: le maschere tradizionali che, durante il carnevale, sono padrone della città.
Lachera di Rocca Grimalda: 7-8 Febbraio 2015
Anche la Lachera, secondo la tradizione, deriverebbe dalla reazione popolare al gesto violento di un nobile. Come per il carnevale di Ivrea, si narra che il popolo di Rocca Grimalda insorse contro il suo Signore per fermare lo ius primae noctis nei confronti delle spose novelle. Il Signore inviò i suoi soldati, che, al contrario, gli voltarono le spalle e marciarono sul castello.
Tutto il carnevale di Rocca Grimalda diviene così la rappresentazione della ribellione: il feudatario sconfitto (l’Uomo Nero) e il Laché (i potenti del luogo) insidiano la coppia di sposi, che li scaccia e, assieme al popolo e ad altre maschere, fa festa.
Il nome Lachera deriva da Laché, i «servitori», maschere che ballano durante le tre danze che compongono questo Carnevale: la Lachera, la Giga e il Calisun. Rappresentano i servitori del potere e insidiano la Bella con balzi e sgambetti, senza però mai raggiungerla.
Particolarità di questo carnevale sono le maschere che vestono i personaggi: sono bianche e nere con piccole fessure per gli occhi e labbra rubine per un tocco “surreale” che rende più magica l’atmosfera.
Interessante è il Museo delle Maschere di Rocca Grimalda, che ricostruisce la complessa storia di questo rito antico e misterioso.
Ecco un'altra piccola lista di altri celebri carnevale in giro per il Piemonte, con i rispettivi link alle manifestazioni
Varallo
6 Gennaio – 21 Febbraio - www.carnevalevarallo.com
Vigone
8-23 Febbraio - www.comune.vigone.to.it
Mondovì
22Gennaio - 21 Febbraio - www.carnevaledimondovi.it
Borgosesia
25 Gennaio - 18 - www.carnevaleborgosesia.it